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Zénon Yoga Novara

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Canto Armonico

Canto Armonico

Canto Armonico/Presenza Armonica: tre brani e una spiegazione

17 Novembre 2015 di Zénon


Pubblichiamo con piacere due estratti audio dal seminario di Canto Armonico – Presenza Armonica tenuto da Roberto Cerri il 15 novembre 2015, che riteniamo rappresentativi del lavoro svolto e del tipo di Canto Armonico proposto da Roberto. Le esecuzioni sono avvenute con il solo utilizzo delle voci dei partecipanti (che in tutto erano otto), senza l’ausilio di alcuno strumento musicale o effetto.

Oltre ai brani, abbiamo aggiunto alcune riflessioni su una domanda che ci viene posta di frequente soprattutto da esperti del settore, che vogliono sapere se durante questi seminari viene insegnata la tecnica “precisa” con cui “fare” gli armonici.

Intanto, per chi volesse farsi un’idea rapida, abbiamo preparato un condensato in pochi minuti di quello che è accaduto durante il seminario. Chi vuole approfondire, può proseguire oltre nell’articolo e ascoltare i brani completi.

Brano 1: M con armonici

Il primo brano è stato registrato durante la mattinata e le indicazioni di Roberto sottolineano e guidano l’esecuzione. Speriamo che queste indicazioni aiutino a rendere un’idea di come si articoli il lavoro. Da notare come, dopo la modulazione nella lettera M, il canto si apra con le vocali dispiegando tutta la sua carica di armonici verso il minuto 5:30.

https://www.zenon.it/wp-content/uploads/2015/11/02-M-con-armonici-tagliato.mp3

Brano 2: Suoni gravi

Il secondo brano è molto particolare. Nel secondo brano Roberto ha chiesto ai partecipanti di scavare nei suoni più gravi, generando un magma sonoro profondo da cui si risale infine verso i suoni più alti.

https://www.zenon.it/wp-content/uploads/2015/11/03-Nota-grave-con-armonici.mp3

Brano 3: Solo di Roberto Cerri

E infine, last but not least, una esecuzione a solo che Roberto Cerri ci ha voluto gentilmente regalare.

https://www.zenon.it/wp-content/uploads/2015/11/01-Solo-Roberto.mp3

Una domanda frequente: perché i tuvani non c’entrano e perché preferiamo il rilassamento allo sforzo

Intendersi a parole non è semplice. Ad esempio, spendiamo molte parole in approfondimenti per spiegare il Canto Armonico proposto da Roberto Cerri qui a Zénon; e per spiegare che gli armonici sono già presenti naturalmente nella voce (non è un’affermazione poetica, ma una legge ben conosciuta da chi ha un’infarinatura di teoria musicale1Vale la pena citare per una volta Wikipedia alla voce Armonici naturali: “Un suono prodotto da un corpo vibrante non è mai puro, ma è costituito da un amalgama in cui al suono fondamentale se ne aggiungono altri più acuti e meno intensi” ). Abbiamo speso anche numerose parole per spiegare che il vero lavoro è fare emergere tali suoni, invece di produrli, e non è cosa da poco.

No, i Tuvani non c’entrano con il Canto Armonico praticato a Zénon.

Tra l’altro, il lavoro proposto da Roberto è accompagnato da una tale preparazione teorica e pratica in campo musicale – e a tutto tondo – che lo rende immune da sospetti di “spontaneismo” naif tipo “liberate il vostro chakra della gola”.

Eppure, ci accorgiamo che alcuni addetti ai lavori, nel chiederci informazioni, spesso si arenano sulla domanda: “D’accordo, ma la tecnica per fare gli armonici la insegnate? Ad esempio, quella dei tuvani?”

Quando si parla di Canto Armonico, la popolazione mongolica di Tuva spunta sempre a un certo punto della conversazione. E proprio questa popolazione, assurta alle cronache per il tipico canto folkloristico “di gola” (comune anche ai pastori sardi che tuttavia non sono altrettanto popolari tra gli operatori olistici), proprio costoro ci offrono l’occasione per marcare la differenza tra il canto armonico proposto da Roberto, che si è formato con David Hykes, e altri tipi di canto armonico.

Il throat singing dei mongoli Tuva, infatti, è basato sullo sforzo degli organi fonatori e – tra le altre cose – non è necessariamente legato a un lavoro introspettivo o spirituale. Il Canto Armonico praticato e insegnato da David Hykes e dal ‘nostro’ Roberto Cerri, è invece basato sul rilassamento, ed è una pratica specificamente di tipo meditativo. Nel primo caso parliamo di uno stile che può essere identificato tramite una tecnica specifica di produzione degli armonici. Nel secondo caso, la tecnica… non c’è: è il risultato di un lavoro interiore di de-strutturazione e di ri-strutturazione del rapporto tra Ascolto e Voce. Non è per forza una dichiarazione di superiorità di un metodo su un altro, ma è una differenza che è importante sottolineare perché non si generino false aspettative.

Per questo accanto alla dicitura Canto Armonico compare sempre quella di Presenza Armonica: il Canto Armonico così inteso ha molto più a che fare con la Consapevolezza e con la Coscienza che con l’estetica di una performance vocale.

nadayoga

Il principio è molto simile a quello del respiro nello Yoga: è in primo luogo necessario disimparare e dismettere le cattive abitudini, mentre le tecniche utilizzate ‘producono’ gli armonici solo in modo molto indiretto, così come l’esecuzione meccanica di una tecnica respiratoria non determina direttamente e necessariamente l’attivazione energetica a cui mira (e vorremmo ricordare a questo proposito il sutra in cui Patanjali che descrive il lavoro del contadino che rimuove gli argini perché il campo si allaghi, citato in uno degli ultimi articoli). Solo con queste premesse si può decidere in seguito se navigare liberamente, oppure seguire delle strutture (e che strutture), ma giunti a questo punto la divergenza tra le opzioni è solo apparente quanto il gioco tra dissonanza e assonanza.

Insomma, pensare che “io produco gli armonici” attraverso l’esecuzione di una tecnica presuppone l’idea che “io controllo” gli armonici. Ma in realtà gli armonici, intesi come entità archetipiche, non si controllano, così come non si controlla il respiro o meglio l’energia vitale: gli armonici, come il respiro, avvengono, sono la manifestazione di una legge generale nel particolare, e il risultato della risonanza del singolo nell’ambiente generale.

Altra cosa, però, ci sia concesso di dirlo, è un atteggiamento che in alcuni – pochi – casi abbiamo riscontrato e che pretende di avere tutto subito, ovvero: se non insegnate la tecnica per produrre meccanicamente i suoni armonici allora vi state tenendo per voi i segreti del mestiere, oppure state vendendo fumo.

Sulla profondità del lavoro svolto da Roberto, lasciamo giudicare in base all’ascolto dei brani audio che abbiamo riportato più sopra, alla cui realizzazione hanno partecipato persone che fino a pochi mesi fa mai avrebbero pensato di poter usare la propria voce per cantare. Intanto, a tutti coloro disposti ad ascoltare abbandonando anche per un istante le strutture preconcette, auguriamo buon Ascolto.

Ringraziamenti

Ringraziamo Michael Andenna, Luca Borgogna, Alessandra Onnis, Erika Pizzo, Damiano Valloggia e Chiara Arrigoni per il contributo fornito e la partecipazione nei brani.

Il corso di Presenza Armonica – Canto Armonico

https://www.zenon.it/orari/canto-armonico-seminario/
Il prossimo appuntamento con il Canto Armonico a Zénon.

Note[+]

Note
↑1 Vale la pena citare per una volta Wikipedia alla voce Armonici naturali: “Un suono prodotto da un corpo vibrante non è mai puro, ma è costituito da un amalgama in cui al suono fondamentale se ne aggiungono altri più acuti e meno intensi”
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Canto Armonico

Canto Armonico

La Grande Settima: una lettura armonica delle crisi evolutive

4 Novembre 2015 di Roberto Cerri


In principio c’è l’Uno

Il recente articolo apparso sul Blog a firma di Marco Invernizzi riguardo a Tolkien, ha messo in rilievo la simbologia musicale evidente nel racconto della Creazione e, in particolare, il significato della dissonanza. Vorrei portare un piccolo contributo alla riflessione su questo argomento dando qualche spunto “armonico” relativo alle crisi evolutive.

Se noi osserviamo la serie armonica con uno sguardo non superficiale e applichiamo l’Akròasis, l’Ascolto del mondo, notiamo alcune cose molto interessanti, in grado di cambiare per sempre la nostra concezione del mondo.

Anzitutto, in principio c’è l’1. Indiscutibilmente ogni altro armonico sorge perché alla base c’è una nota fondamentale che chiamiamo 1. L’1 è la sorgente da cui sgorga ogni altro suono ed il rapporto degli armonici con l’1 è precisamente fissato per l’Eternità.

https://www.zenon.it/wp-content/uploads/2015/10/Clip-1.mp3

Se osserviamo i primi sei armonici troviamo (ponendo il DO come 1):

1)DO 2)DO’ 3)SOL’ 4)DO” 5)MI” 6)SOL”

https://www.zenon.it/wp-content/uploads/2015/10/Clip-2.mp3

Le lineette aggiunte alle note indicano l’ottava di appartenenza; all’aumento della frequenza corrisponde un suono più acuto.

Questo sgorgare di armonici dalla nota di base è invariabile e fisso. Prendendo una corda tesa e dividendola per 2 otterrò sempre l’ottava superiore che avrà una frequenza doppia della fondamentale, dividendola per 3 otterrò sempre una quinta al di sopra del 2, e tale nota avrà frequenza tripla, e così di seguito.

serie-armonici
La serie degli armonici

Se mi dilungo su queste premesse è per far notare come i rapporti che si riscontrano tra la Fondamentale e i suoi Armonici sono immutabili e non è possibile alla ragione umana cambiarli in alcun modo. Nessun apparecchio riuscirà ad ottenere una nota diversa dal DO’ come 2° armonico. Ciò è di importanza straordinaria per una Coscienza che aspira al Risveglio, perché apre la Coscienza stessa ad un mondo di Archetipi che irradiano la loro azione su molteplici campi. Il 3, per esempio, è un numero, ma anche una nota, ed è anche l’intervallo che si crea con la Fondamentale, è una Frequenza, quindi una Vibrazione, è una sensazione animica, e sarà sempre il 3.

Date queste premesse, torniamo ai primi sei armonici. Notiamo che la loro serie è costituita da sole 3 note, alcune delle quali si ripetono su ottave diverse:

DO – MI – SOL

Queste note creano tra loro alcuni intervalli che l’uomo sente, in Oriente come in Occidente, come consonanti e confortevoli.

L’Ottava

Anzitutto la

OTTAVA 1)DO – 2)DO’

Qui troviamo il ripetersi della nota di base su un piano più alto, l’1 che diventa 2 senza modificare la sua essenza, uguale a se stesso, ma diverso nella manifestazione, Dualità ancora in embrione, quasi una primitiva incapacità a lasciare il grembo dell’Uno.

La Quinta

Poi la

QUINTA 2)DO’ – 3)SOL’

la prima nota diversa dall’1 che si fa 2, somma dei precedenti che si propone come nuovo fondamento.

In musica il SOL (che è il V grado della scala) è chiamato DOMINANTE. Ha un ruolo fondamentale in tutte le scale, è una sorta di seconda TONICA (la prima è ovviamente il DO) che fa da centro di gravitazione differenziato all’interno della scala. In tutte le tradizioni musicali il rapporto di QUINTA DO-SOL è considerato consonante, qualunque persona sente tale rapporto come gradevole e sicuro. La manifestazione comincia a strutturarsi non come replica di elementi identici, ma come possibilità di generare forme nuove, anche se elementari.

La Quarta

Il 4° armonico replica il DO: 4) DO”. Ritroviamo l’1, come a ricordarci della Sua presenza Immanente nella Creazione. La

QUARTA 3)SOL’ – 4)DO”

è un altro intervallo basilare e consonante, sicuro, stabile, che è l’inverso della QUINTA (DO-SOL = QUINTA, SOL-DO = QUARTA). Senza dilungarmi eccessivamente, notiamo come il percorso dei primi sei armonici porti ad una successione di suoni che, anche se non sono ripetizioni della fondamentale, danno un senso di sicurezza, di benessere e di stabilità.

L’apparire del 5° armonico MI” completa la triade DO-MI-SOL che è chiamata “Accordo Perfetto Maggiore“. Qualunque persona sente questa triade come stabile e confortevole, queste tre note sono tra loro in rapporti molto particolari che creano rapporti anche a livello animico. La sensazione profonda è di “risuonare” come esseri sereni, stabili, dove, tra l’altro, il MI infonde una sfumatura di brillante, luminosa gioia che riempie lo stabile, ma vuoto, spazio tra DO e SOL.

L’inatteso: il 7)SIb

Tale è lo sgorgare spontaneo e immutabile dei primi sei armonici. Ma cosa succede dopo? La serie armonica è potenzialmente infinita, possiamo davvero pensare che l’evoluzione si fermi ad una continua ripetizione di questi primi sei armonici, quando ci sono infiniti altri suoni che ci aspettano? La Luce dell’ Armonia del senario armonico è brillante, ma può incatenare l’anima, se ci lasciamo intrappolare in Essa. La coscienza si adagia nella ripetizione continua di vibrazioni eternamente consonanti e l’aspirazione innata in ogni essere umano verso il superamento dei limiti diventa desiderio di gioire delle facoltà già scoperte, tralasciando quelle infinite ancora celate.

Osservando la progressione degli armonici ascendenti notiamo che la triade perfetta DO-MI-SOL si ripresenta ancora, all’infinito. Infatti

8)DO”’ – 10)MI”’ – 12)SOL”’

e

16)DO”” – 20)MI”” – 24)SOL””

e così via. Vale a dire che ad ogni nuova ottava che si apre una triade maggiore perfetta si ripresenta, però inframmezzata da altre note non appartenenti a tale triade.

Se noi ascoltiamo cosa viene dopo il 6° armonico notiamo che, prima del ripresentarsi del DO all’8° armonico, siamo colpiti da

…7)SIb

Si tratta di una nota totalmente inattesa, perché al di fuori della “logica” che viene dall’abitudine. Cullati dalla carezzevole stabilità dei primi sei armonici il 7)SIb ci colpisce con forza, toccando in profondità piani amimici ancora inesplorati: instabilità, insicurezza, sgradevolezza, paura, ansia per il futuro e così via. Il 7)SIb ha una forte caratteristica destrutturante e spezza la nostra tendenza all’abitudine e alla ripetizione. Ci aspettavamo un altro DO e invece c’è il SIb. Cosa avverrà dopo? Perché non si può semplicemente avere una lunga serie di accordi perfetti? Cos’è questa strana sensazione? Paura? Non posso semplicemente saltarlo per tornare al mio gradevole accordo?

Credo che ognuno di noi conosca queste sensazioni. Ogni volta che qualcosa ci colpisce sgradevolmente tentiamo di evadere da tale stato interiore. E tale sensazione è acuita, per noi occidentali, dal fatto che 7)SIb non è esattamente la nota che si trova sul pianoforte, che segue il sistema temperato, ma sensibilmente più bassa.

Ma la scoperta che la contemplazione della serie armonica ci fa fare è questa: la dissonanza (perché tale noi lo sentiamo) non viene dall’esterno, da qualche altra serie (entità) nemica che interferisce, ma sgorga dallo stesso 1 che ha generato il nostro accordo perfetto maggiore. Tale constatazione è inconfutabile e definitiva.

Lo stesso moltiplicarsi regolare della frequenza iniziale che ha prodotto il DO, il MI e il SOL produce anche, al 7° multiplo, il SIb, e la cosa più significativa è che non solo il SIb è il 7° armonico, ma il suo intervallo col DO è una SETTIMA (minore), essendo il SI(b) la settima nota della scala. Abbiamo dunque il ripresentarsi per la prima volta del 7, e in doppia veste: come armonico e come intervallo.

La porta verso ottave inesplorate

Sarebbe troppo lungo elencare le innumerevoli conoscenze legate al 7 in tutte le tradizioni antiche. Dirò solo che, per esempio, il 7° colore dell’iride, violetto, è un misto di blu e di rosso, ma tale rosso non è quello visibile al 1° posto, bensì un rosso che irradia dall’alto, da una nuova ottava. Anche il 7° chakra, loto dai 1000 petali, si apre verso l’alto, verso nuove ottave ancora inesplorate. Chi ha studiato musica sa che la 7a è usata per passare a tonalità diverse da quelle a cui la 7a appartiene. Da tutto ciò risalta la potenzialità del 7 di passare ad un altro ordine, ad un altro piano.

Il 7)SIb è dissonanza per la nostra struttura abituata a facili consonanze, ma è porta necessaria verso piani diversi di coscienza. Ecco perché ogni volta che sul grande Monocordo dell’Evoluzione risuona una 7a i mondi si mettono a tremare di Gioia, perché una nuova possibilità evolutiva si apre, perché ciò che è vecchio uscirà dall’Evoluzione e perché ciò che attende la propria manifestazione avrà finalmente la sua possibilità di apparire.

Siamo in una “Grande Settima” in questi tempi, ma il 7° grado della scala spinge in modo irresistibile verso il nuovo DO che sta al di sopra. Nessuno può sentire una scala

DO – RE – MI – FA – SOL – LA – SI…

senza sentire un acuto senso di incompiutezza e di inevitabilità del DO successivo. Il 7° armonico e generato dall’1 e attratto in modo irresistibile dal successivo DO. Ciò che è Immanente nella Creazione spinge verso ciò che è Trascendente e i Due sono Uno.

Ecco perché di questi tempi una visione unitaria è precisamente ciò che dobbiamo riscoprire. La dissonanza è Divina quanto la consonanza ed entrambe creano la serie armonica che è il dispiegamento di tutte le potenzialità insite nell’1. Inoltre la dissonanza fine a se stessa non esiste. Essa ha senso solo basandosi sul fondamento dell’1 e sulla nuova Armonia ancora sconosciuta che vuole manifestarsi. Infatti, salendo, troviamo sempre nuove note della serie armonica, ma sempre DO-MI-SOL ritornano, sereni e luminosi, a ricordarci la Grande Armonia di cui tutto fa parte e che è presente anche nella più cupa dissonanza.

Offro questo scritto a tutti coloro che sentono l’urgenza dei tempi e la volontà di assecondare l’Evoluzione.

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Canto Armonico

Canto Armonico

Tolkien, il Suono e la Dissonanza: la Musica degli Ainur

19 Ottobre 2015 di Marco Invernizzi


Esisteva Eru, l’Uno, ed egli creò per primi gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altro fosse creato. Ed egli parlò loro proponendo temi musicali ed essi cantarono al suo cospetto ed egli ne fu lieto. A lungo cantarono soltanto uno alla volta o solo pochi insieme mentre gli altri stavano ad ascoltare poiché ciascuno di essi penetrava soltanto quell’aspetto della Mente dell’Uno da cui proveniva e crescevano lentamente nella comprensione dei loro fratelli. Ma già solo ascoltando pervenivano a una comprensione più profonda e si accrescevano l’unisono e l’armonia.

Questo breve estratto è la prima parte dell’Ainulindalë o “la Musica degli Ainur”, breve racconto che apre il Silmarilllion di J.R.R. Tolkien.

Silmarillion
la copertina originale della prima edizione del Silmarillion (1977)

Quando si parla di J.R.R. Tolkien il pensiero comune non può che andare al Signore degli Anelli o allo Hobbit, sia per l’enorme successo editoriale che per quello cinematografico. Meno persone invece conoscono il Silmarillion, un’opera che tuttavia, secondo il mio modesto parere, è di gran lunga la migliore, non solo da un punto di vista strettamente letterario ma anche per la profondità dei temi trattati che esulano, per chi voglia leggere tra le righe, da un semplice romanzo fantasy.

Il Silmarillion viene pubblicato quattro anni dopo la morte di Tolkien e contiene i racconti delle Ere precedenti in termini cronologici a quanto narrato nello Hobbit e nel Signore degli Anelli. La “Musica degli Ainur” che apre il libro tratta della creazione del mondo in cui si svolgeranno tutte le vicende successive: una sorta di cosmogonia Tolkieniana che attinge più o meno consapevolmente da numerosi altri impianti cosmogonici appartenenti a religioni e tradizioni tra le più disparate. E in cui guardacaso, il Suono ha un ruolo centrale e molto particolare.

La Storia

L’Ainulindalë inizia con l’estratto che apre questo articolo. L’Uno crea, pensandoli, gli Ainur, entità che potremmo definire angeliche, e attraverso il Suono e il canto, gli Ainur crescono in consapevolezza non solo di sé ma anche degli altri loro fratelli e di ciò che li circonda secondo una logica di armonizzazione.

Dopo un certo periodo di “armonizzazione” tra loro, L’Uno decide di proporre agli Ainur un grande progetto musicale come descritto qui di seguito:

Ed accadde che l’Uno convocò tutti gli Ainur ed espose loro un possente tema, svelando cose più grandi e più magnifiche di quante ne avesse fino a quel momento rivelate; e la gloria dell’inizio e lo splendore della conclusione lasciarono stupiti gli Ainur sì che si inchinarono davanti all’Uno e stettero in silenzio.
Allora l’Uno disse: del tema che vi ho esposto io voglio che voi adesso facciate in congiunta armonia una Grande Musica. E poiché vi ho accesi della Fiamma Imperitura voi esibirete i vostri poteri nell’adornare il tema stesso, ciascuno con i propri pensieri ed artifici, dove lo desideri. Io invece siederò in ascolto, contento del fatto che tramite vostro una grande bellezza sia ridesta in canto.

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Melkor, il più grande degli Ainur a cui L’Uno ha concesso i poteri di tutti i suoi fratelli, conosciuto anche come Morgoth “L’oscuro nemico del mondo”

Gli Ainur quindi si apprestano a cantare questa melodia e tutto procede secondo il Tema predefinito e in Armonia fino a quando Melkor, il più grande degli Ainur in potenza e conoscenza a cui l’Uno aveva concesso i doni di tutti i suoi fratelli, decide di modificare la parte assegnatagli secondo la sua volontà per accrescerla in potenza e gloria col fine di soddisfare il proprio Ego.

Melkor infatti già prima del grande canto aveva cercato da solo il modo di acquisire lui stesso la capacità dell’Uno di creare dal nulla attraverso la Fiamma Imperitura, senza mai tuttavia riuscire a trovarla. Questo assolo determina una dissonanza che si propaga e, a causa del potere di Melkor, influenza il canto di tutti gli altri Ainur.

Quando il canto assume la qualità di un insieme di suoni dissonanti simile a una tempesta l’Uno, che fino a quel momento era stato in silenzio e in ascolto, si alza e interviene nel canto e lo farà per ben tre volte perché a seguito di ogni suo intervento Melkor cercherà ancora di più di opporsi influenzando a suo piacimento il canto e provocando modificazioni sempre più terribili e angoscianti. La prima volta sarà solo un intervento pacato con la mano sinistra, la seconda volta sarà un intervento più severo alzando la mano destra e la terza sarà assoluta tremenda e definitiva come descritto di seguito:

Nel bel mezzo di questa contesa, mentre le aule oscillavano l’Uno si alzò una terza volta e il suo volto era terribile a vedersi. Egli levò entrambe le mani e con un unico accordo, più profondo dell’Abisso, più alto del Firmamento, penetrante come i suoi occhi, la Musica cessò.

Poi disse: Potenti sono gli Ainur e potentissimo tra loro è Melkor, ma questo egli deve sapere, che io sono l’Uno e le cose che avete cantato io le esibirò che voi vediate ciò che avete fatto e tu Melkor t’avvedrai che nessun tema può essere eseguito che non abbia la sua più remota fonte in me… poiché colui che vi si provi non farà che comprovare di essere mio strumento nell’immaginare cose più meravigliose di quante egli abbia potuto immaginare.

E portò gli Ainur dalle sale atemporali dove era la dimora dell’Uno al Vuoto e qui permise loro di avere una visione di ciò che avevano creato col loro canto, ovvero un mondo, chiamato Arda, che sarebbe poi diventato il luogo dove si sarebbero svolte tutte le vicende trattate nel seguito del Silmarillion e negli altri libri successivi. E qui l’Uno disse:

Conosco il desiderio delle vostre menti che ciò che avete visto sia in effetti e non solo nel vostro pensiero, ma proprio come voi siete e tuttavia diverso. Perciò io dico: Eä! Che queste cose siano! E io invierò nel Vuoto la Fiamma Imperitura ed essa sarà nel cuore del Mondo e il Mondo sarà; e quelli tra voi che lo vogliono possono andarvi.

Molti Ainur quindi si recano nel nuovo Mondo creato dal Vuoto attraverso la Fiamma Imperitura e in questo contesto si susseguono tutte le vicende trattate fino al Signore degli Anelli, in cui Melkor, come durante il grande canto, avrà sempre un ruolo di opposizione al volere dell’Uno e degli Ainur a lui fedeli, cercando sempre con la violenza e la tirannide di sottomettere e regnare su tutta Arda.

Il Suono e il Canto Armonico

Come letto nel breve estratto che apre questo articolo, il Suono per Tolkien riveste un ruolo cruciale in tutto il suo impianto cosmogonico. È infatti sia uno strumento di comunicazione tra l’Essere Supremo, l’Uno, e le entità create dal suo pensiero, sia un mezzo per questi ultimi di espandere la propria consapevolezza oltre la loro natura e di entrare in “ascolto” dei propri “fratelli”, permettendogli di “armonizzarsi” tra loro e col Tutto.

Tuttavia gli elementi presenti in questo breve racconto mi portano a fare tutta una serie di riflessioni sulla mia conoscenza cosmogonica ma anche sulla mia recente tuttavia intensa esperienza con il canto Armonico. Roberto Cerri ha già descritto in maniera attenta ed esaustiva in diversi articoli molti concetti basilari come Suono, Silenzio, Armonia e la mia breve esperienza con lui in questo mondo eccezionale mi ha portato a fare un parallelo tra il racconto di Tolkien e i principi alla base del canto Armonico.

La mia personale sensazione durante la pratica del Canto Armonico è di entrare in uno stato molto simile a quello meditativo in cui il Suono emesso in realtà è più simile ad una vibrazione che, al progredire dello stato di rilassamento e interiorizzazione, si propaga a tutto il nostro corpo, trasformandolo in una sorta di cassa di risonanza simile a quella degli strumenti ad arco.

La vibrazione quindi genera i cosiddetti “Armonici” di cui Roberto ha ampiamente parlato in altra sede. Al pari di questo fenomeno si sperimenta, in parallelo all’interiorizzazione crescente, una profonda dimensione di ascolto, sia del proprio suono/vibrazione che di quello altrui.

Questo punto se vogliamo è uno di quelli in cui ho trovato più analogie con l’Ainulindalë. Infatti L’Uno mostra il tema agli Ainur per poi ritirarsi in una dimensione di ascolto durante il canto. Melkor invece, incurante di ciò che lo circonda, non ascoltando altro se non la propria voce, “impone” il suo canto senza armonizzarsi a quello dei suoi fratelli e il risultato è “apparentemente” disastroso.

Perché ho scritto “apparentemente”? Non nego che nel poco della mia pratica di canto armonico mi sia capitato di trovarmi inconsapevolmente a svolgere la parte del Melkor della situazione e anche Roberto, nel suo insegnamento, pone una forte attenzione sul concetto di ascoltare non solo la propria voce ma soprattutto cosa succede e si muove intorno a noi a livello sonoro, con una modalità che prescinde in parte anche dal senso dell’udito attingendo da una sensibilità diversa e più profonda.

I cambi di intensità, i diversi armonici e le diverse melodie che il canto può assumere sono il risultato dell’apporto di ciascuno con la propria qualità, al tema comune e i tentativi di “prevaricazione” alla Melkor inevitabilmente producono degli effetti. Ma sono proprio totalmente negativi?

In realtà gli insegnamenti di Roberto fanno notare come le persone, soprattutto agli inizi, quando cantano cercano di uniformarsi il più possibile su di una nota, seguendo tendenzialmente la voce più “potente” (che non necessariamente è una voce “vera”).

Questo rimanere all’interno di un recinto sicuro ha molti rimandi con dinamiche che chi pratica discipline psico-corporee sicuramente ha già notato o sperimentato personalmente. Il cambiamento e l’ignoto verso cui una pratica inevitabilmente ci conduce infatti spesso spaventa e l’apparente sicurezza del nostro spazio recintato è un qualcosa che difficilmente ci va di abbandonare.

E qui entra il ruolo fondamentale della dissonanza: per rompere questa monotonia determinata dall’uniformarsi in una nota unisona serve una dissonanza. Apparirà fuori luogo, quasi stonata (uno dei principi del Canto Armonico è che le dissonanze non vanno evitate) e potrà generare un certo fastidio in chi sta così bene all’interno della sua nota stabile e sicura.

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Ulmo, uno dei tre Ainur più potenti, espressione dell’elemento Acqua

Tuttavia questa dissonanza genererà una modificazione che inevitabilmente si propagherà a macchia d’olio, influenzando sia il suono/vibrazione di ogni singolo individuo, sia la totalità risultante del canto. E tale dissonanza potrà anche avere delle qualità “creative” come descritto in questo breve passo dove l’Ainur Ulmo, espressione e reggente dell’elemento Acqua, di fronte alla visione prodotta dall’Uno dopo il canto così si riferisce al risultato finale della sua parte nonostante l’intromissione di Melkor:

“Invero l’Acqua è divenuta più bella di quanto immaginasse il mio cuore, né il mio segreto pensiero aveva concepito il fiocco di neve, né in tutta la mia musica era contenuto il crosciare della pioggia“

Alla fine quindi il canto non riusulterà ostacolato o sminuito dalla dissonanza, ma anzi arricchito sia in potenza che in bellezza.

Integrare la Dissonanza

Nell’Ainulindalë gli Ainur per aumentare la consapevolezza di sé e degli altri inizialmente praticavano l’Unisono per armonizzarsi tra loro, salvo poi ad un certo punto produrre un canto in cui, riversando le qualità uniche e irripetibili di ciascuno di loro hanno “creato” qualcosa di Unico e Irripetibile (e forse anche Indescrivibile a parole) e cioè la Creazione.

Allo stesso modo anche noi nel nostro infinitamente piccolo, quando cantiamo, entrando in contatto col mondo degli archetipi, passando prima da un momento di “armonizzazione”, da cui possiamo successivamente “creare” un qualcosa di unico e irripetibile che tuttavia necessita di un ascolto molto profondo non solo di sé ma anche degli altri.

L’Ascolto è fondamentale per non lasciare indietro nessuna sfumatura e nessun suono, anche quelli apparentemente “fuori luogo”, proprio perché ognuno di noi è in grado di esprimere, come gli Ainur, un aspetto unico e irripetibile che in definitiva è un riflesso infinitesimale di quell’Uno da cui tutto ha origine e in cui tutto si muove e respira.

La dissonanza è quindi un modo per accettare e integrare, in un processo molto simile alla trasmutazione alchemica, ciò che è “apparentemente diverso” da ciò che reputiamo essere giusto, corretto e intonato. Il fine è quello di raggiungere la maggior completezza possibile, contemplando più sfaccettature possibili dell’Uno, ma per farlo è necessario accettare qualunque suono, anche quelli dissonanti, proprio perché tutto è Uno.

Quindi l’Ainulindalë, che è sempre stato interpretato come il canto in cui si è svolta la lotta di Melkor in opposizione all’Uno, quasi come tra due pari, in realtà può essere visto come una integrazione dell’apparente opposizione e ostilità di Melkor al fine di rendere più ricco e completo il canto definitivo, proprio perché come dice l’Uno stesso:

tu Melkor t’avvedrai che nessun tema può essere eseguito che non abbia la sua più remota fonte in me..poiché colui che vi si provi non farà che comprovare di essere mio strumento nell’immaginare cose più meravigliose di quante egli abbia potuto immaginare.

…a conferma che nulla di ciò che può essere pensato dal singolo non può essere stato già pensato prima dall’Uno e quindi, siccome Tutto è Uno, la dissonanza è anche lei parte del Tutto ed è quindi necessaria.

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Canto Armonico

Canto Armonico

L’uomo sonoro – Presenza Armonica

7 Ottobre 2015 di Roberto Cerri


La massima concentrazione sonora si trova nel Silenzio.

Lì tutto ciò che canta, cioè ogni atomo visibile o invisibile, trova la sua espressione ultima. Dal Big Bang al Silenzio, e viceversa, c’è solo un attimo e tutti i suoni che dall’inizio della Creazione al suo riassorbimento sono stati, sono e saranno, esistono sottilmente nel Silenzio prima di esplodere contemporaneamente nel Big Bang. Ma poiché Suono è Creazione, nel Suono Primordiale che ora chiamiamo Big Bang tutta la Creazione è presente.

Così questa iniziale compresenza dei suoni in un Suono Primordiale si dispiega nell’Infinito come successione spaziale e temporale, ma non perde mai, in nessun caso, la Sua natura di Unità oltre lo spazio e il tempo che fa sì che qui, nello spazio e nel tempo, vi siano una connessione e una relazione di interdipendenza tra ogni suono, vale a dire tra ogni essenza che appare nella Creazione.

Come viviamo noi, Esseri Sonori, questa Verità celata alla nostra mente di superficie?

Esseri Sonori, sì, che abbiamo perduto l’Ascolto e la Voce e che siamo convinti di essere i produttori del suono che emettiamo quando invece ne siamo il prodotto, e che crediamo, quando ascoltiamo un suono, di ascoltare “altro” da noi, quando invece quel Suono è in nostro stesso Suono che ci parla dagli altri esseri (o cose, come diciamo spesso; in realtà esseri solo apparentemente inanimati).

Alla base della manifestazione materiale tutte le Cosmogonie pongono il Suono, la Voce che crea, il Canto che forma, e la Musica delle Sfere è più di una favola a cui potevano credere solo le menti “non ancora sviluppate” degli Antichi. Noi, che invece abbiamo sviluppato la mente così bene, non sentiamo più la Musica delle cose.

A tutti i livelli il Suono crea. Lo sapevano coloro che calmavano le fiere col suono della lira, lo sapeva Orfeo che con la musica ha vinto gli Inferi e riportato Euridice tra i viventi (il Femminile tratto dal Subcosciente), lo sapeva chi scriveva nell’antichità che l’AUM è il più potente mezzo per raggiungere la Liberazione, lo sapevano i Greci antichi che alla base della stabilità e del benessere dello Stato ponevano i canti, i quali erano costruiti, nei modi e nei ritmi, secondo leggi immutabili che, se fossero cambiate, avrebbero a lungo andare distrutto le fondamenta dello Stato stesso. A titolo di curiosità ascoltate le musiche che vanno per la maggiore oggi e osservate come gli Stati funzionano. Tutto questo era risaputo e praticato.

Lhasa (Neujahr), Tubenbläser mit Potala, Lamas blasen das Neujahrsfest ein

 

Ma anche il contrario è vero. Il Suono può distruggere. Lo sapevano coloro che hanno abbattuto le mura di Gerico con le trombe, lo sapevano e lo sanno gli strateghi militari di ogni tempo, che fanno cantare i soldati secondo ritmi e melodie che risvegliano ardore guerresco e una sorta di insensibilità al sangue e al dolore, proprio e altrui.

Lo sapevano le bande militari austriache e russe che nell’ottocento usavano suonare inni militari con un diapason a 445-450 hertz perché avevano notato che tale accordatura (quella usuale ai tempi era 432-435) aumentava l’eccitazione dei soldati. E lo sapeva Joseph Goebbels quando, nel 1939, “suggerì” alla Conferenza Internazionale di Londra di adottare, come LA universale, i 440 hertz… che ora, in molte orchestre è già diventato 442-444.

Lo sapevano anche coloro che, tra le due guerre, sperimentarono un cannone ad infrasuoni in grado, secondo loro, di distruggere edifici per un largo raggio. Però lo sapevano solo parzialmente, perché sospesero i loro esperimenti per un fatto imprevisto: poiché le onde sonore si propagano sfericamente, non riuscirono a trovare il modo di proteggere l’operatore che manovrava tale cannone. Dopo che un paio di essi morirono con tremende lesioni interne abbandonarono il progetto.

Nei meandri della mente razionale che abbiamo sviluppato così bene non c’è più posto per il Suono, solo per suoni che passano, per creare divagazioni un po’ più piacevoli di quelle ossessive di cui siamo autori e vittime. Il suono è diventato divagazione, sottofondo, svago, puro chiasso.

Occorre che l’Uomo Sonoro ritrovi il Suo potere creativo che si esprime nell’Ascolto e nella Voce, occorre che senta il Suono della Vita sgorgare dentro di Sé, occorre che riscopra le innumerevoli relazioni armoniche tra gli esseri e gli eventi, che ascolti la Musica della Creazione sgorgare dentro e fuori di sé. Occorre che la Sua Voce ritrovi la forza del Canto che crea e che senta la possibilità di creare il Bello, il Vero e il Giusto, come retaggio inalienabile della Sua Vera Natura.

È per questo che parliamo di Presenza Armonica.

Quando si dice Canto Armonico troppo spesso si dice che qualcuno canta gli armonici, il che vuol dire che l’io è in primo piano. Io produco gli armonici perché ho imparato una tecnica che mi permette di farlo. Io miglioro la mia voce grazie agli armonici che emetto, e che creo personalmente, e quindi esprimo me stesso in questa pratica. Posso fare incredibili acrobazie vocali, armonici vanno e vengono come gli angeli lungo la Scala di Giacobbe, sono miei, li ho creati io.

Quando si dice Presenza Armonica, il canto è l’inevitabile conseguenza di un’apertura interiore verso ciò che c’è già. Non sono più io a produrre il Suono, il Suono mi attraversa e mi ri-crea. Rendendomi disponibile a servire la Vita in quanto Suono, entro in ciò che mi trascende e sparisco in esso, Voce che viene da ogni parte, non localizzata. Gli Armonici allora sono manifestazioni preesistenti del Suono Originario che sorgono dal mio Puro Ascolto e che fluiscono in quella che non è più la “mia” Voce.

L’infinità della Serie Armonica e la sua incredibile profondità formale e creativa dovrebbero bastare a farci capire che nessun “io” razionale può creare ciò che lo trascende in tal modo.

A cominciare dai suoni intrauterini fino al suono dell’ultimo rantolo, la nostra vita è permeata di Suono e noi passiamo attraverso di Esso con l’Ascolto chiuso, sigillato, senza mai intendere la Musica della Vita. Ascoltare significa “Essere Ascolto”, strumento che risuona, vibrando consapevolmente al Soffio dell’Infinito, accettare di “sparire” per essere strumento docile nelle mani del Cantore.

Immaginatevi se uno strumento volesse a tutti i costi emettere la “sua” musica, invece di lasciarsi suonare dal musicista! Così, “in Ascolto”, troviamo la nostra Voce, che in realtà non avevamo mai perduto, ed Essa ci ricorda chi siamo veramente, da dove veniamo e dove andiamo, scopriamo che la Verità del nostro Essere è tale, nella Libertà, quando smettiamo di voler cantare le “nostre” note e ci apriamo alle note dell’Infinito.

D’altra parte il termine “persona”, tra le varie etimologie proposte, ne ha anche una sonora: il latino “per-sonare”, cioè “risuonare attraverso”.

Credo che una profonda meditazione su questo significato renda superflue altre parole.

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Canto Armonico

Canto Armonico    highlights

Musica parassita

27 Agosto 2015 di Roberto Cerri


Ormai da una quindicina d’anni e in misura sempre crescente, siamo afflitti da un’incessante ondata di “musica parassita” che ci aggredisce in ogni luogo e in ogni circostanza: ristoranti, bar, sale d’aspetto, banche, negozi, studi medici, uffici pubblici, viali, spiagge e chiese allietano la nostra permanenza più o meno voluta nelle loro aree di competenza riversando nelle nostre orecchie un profluvio di note, ritmi e parole che dovrebbero avere il compito di farci passare gradevolmente il tempo in cui dobbiamo restare lì.

La cosa è diventata così ossessiva e pervasiva che sono rari i luoghi in cui tale musica parassita non è presente, così come sono rare le persone che chiedono ai gestori di abbassare o di togliere tale sottofondo. Il fenomeno presenta vari aspetti e certamente non pretendo di passarli in rassegna tutti, ma mi limiterò a sottolinearne alcuni.

Per iniziare dobbiamo considerare tre punti di partenza:

  1. l’orecchio non ha nulla di simile alle palpebre. Se non vogliamo vedere qualcosa, semplicemente chiudiamo le palpebre; altrettanto non possiamo fare con l’orecchio se non vogliamo sentire qualcosa.
  2. l’udito è embriologicamente più antico e si forma nel feto prima della vista; inoltre, il nervo ottico è solo nervo ottico mentre il nervo acustico ha due branche, cioè la cocleare che percepisce i suoni e la vestibolare che è responsabile dell’equilibrio e della percezione della spazialità; vi sono inoltre numerosi studi che correlano la perdita dell’udito con l’insorgenza di patologie psichiche o con il decadimento delle facoltà mentali.
  3. La “mente meccanica”. Cito le parole di sri Aurobindo da “Lettere sullo yoga”, vol. IV:

La mente meccanica è un’azione molto inferiore del fisico mentale che, se lasciata a se stessa, non farebbe che ripetere idee abituali e registrare le reazioni riflesse naturali della coscienza fisica ai contatti della vita e delle cose esteriori.

(…) quello che avete descritto lì è il fisico mentale meccanico o mente corporea che, quando è lasciata a se stessa, continua semplicemente a ripetere i pensieri e i movimenti passati abituali, o vi aggiunge al massimo altre reazioni meccaniche alle cose della vita di tutti i giorni.

La mente meccanica è una specie di motore; qualunque cosa le arrivi, la introduce nel meccanismo e la fa girare senza sosta, non importa che cosa sia.

L’uomo contemporaneo ha sempre più paura del Silenzio.

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Trovarsi da solo con se stesso lo impaurisce, perché spesso si trova a fronteggiare uno sconosciuto, e per di più uno sconosciuto con cui deve per forza convivere, per cui cerca ogni mezzo per fuggire tale evenienza. Se è in casa accende la radio, la televisione o il computer, ascolta musica e trasmissioni in cui tutti parlano senza neppure sapere quello che stanno dicendo. Nel frattempo lavora, studia, sonnecchia, legge, parla con la moglie, telefona, mangia, insomma vive. Fin qui tutto rientra nella sfera privata e non c’è nulla da dire, finché il volume è basso.

Il fenomeno della musica parassita diventa più grave quando sconfina nella sfera pubblica, perché riguarda ciascuno di noi. Teniamo presente che noi ci nutriamo di colori, suoni e idee esattamente come ci nutriamo di cibo materiale. Certamente ci ribelleremmo se, mentre camminiamo per strada, qualcuno cercasse con la forza di farci inghiottire cibi di seconda scelta o vini fatti con le polverine, ma in fondo faremmo lo stesso se si trattasse di cibi di prima qualità. Non ci accorgiamo però che l’effetto della musica parassita è altrettanto deleterio e, in più, la musica che ci viene propinata e quasi sempre di bassa qualità.

La mente meccanica di cui al punto 3 è in grado di afferrare e ripetere continuamente un concetto, una parola, un suono, perfino un’emozione. Nell’economia della vita materiale ha una sua utilità basilare, perché la vita materiale, alla sua base, ha un aspetto meccanico e ripetitivo: mangiamo a ore fisse, andiamo a dormire a una certa ora, durante il giorno compiamo gesti che si ripetono a orari fissi, ed è la mente meccanica a presiedere a tale necessità basilare.

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Non ci accorgiamo facilmente della presenza di questa parte della mente, a meno che, e ciò avviene inevitabilmente nell’evoluzione della Coscienza, a un certo punto non cominciamo a sentire che tale serie di abitudini fisiche, mentali ed emotive sono una gabbia che tende a perpetuare quel meccanismo che chiamiamo “io”. Solo allora ci si accorge di come tale mente meccanica, lasciata a se stessa, ci mantenga nel solco prefissato, che è poi quello degli avi e delle generazioni precedenti. Entro i limiti della semplice base fisica tale aspetto della mente ha un’utilità, ma essa tende a pervadere altri aspetti della vita che dovrebbero essere meno meccanici e più aperti ad influssi superiori.

Ora, tenendo presente anche i punti 1 e 2, proviamo a prendere in esame quale tipo di musica ci viene propinata nel 95% dei casi:

  • Il ritmo è ripetitivo e ossessivo, con poche variabili, quasi sempre anch’esse ripetitive ad intervalli stabiliti. Non solo, ma i tempi forti vengono marcati con violenza e tutto ciò dà una sensazione di affanno e di ansia, anche perché quasi sempre il ritmo è più veloce del ritmo medio cardiaco e ciò non può certo avere un effetto rilassante.
  • L’armonia è ripetitiva e si basa sugli accordi elementari costruiti sul I-IV-V grado della scala, con pochissime variazioni. Ciò infonde, da un lato, un senso di sicurezza perché si tratta dei primi armonici, che tutti sentono come confortevoli e consonanti, e poi perché si sa sempre cosa avverrà tra un attimo, essendo gli accordi sempre gli stessi. Questo però ingenera anche, più subdolamente, un’incapacità di uscire da questo schema di accordi, un blocco che in parte è ipnotico e in parte incatenante.
  • La melodia è elementare, di poche note ripetitive, limitatissima in estensione. Nessuno sviluppo fantasioso viene proposto, tutto è semplicemente ripetuto tale e quale e anche le poche varianti sono poco più che ripetizioni camuffate.

Sulle parole preferisco stendere un velo, attenendomi solo all’aspetto musicale.

Ciò che balza agli occhi come elemento comune è la ripetizione.

Cerchiamo però di capire bene la differenza tra RIPETIZIONE MECCANICA e RITMO.

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Tutto nell’universo è governato dal ritmo. Invano cercheremmo, fra tutte le manifestazioni fisiche e sottili, una di esse che non abbia il ritmo come base fondante. Dal manifestarsi e il riassorbirsi delle galassie alla velocità di rotazione degli elettroni tutto è governato dal ritmo. Il ritmo presiede alle stagioni, alla circolazione sanguigna, alle maree, a tutto. In ogni aspetto del creato ci sono tempi forti, di azione e manifestazione, e tempi deboli, di riposo e riassorbimento. La forza centrifuga e quella centripeta sono costantemente in equilibrio in un alternarsi delle loro manifestazioni che si chiama ritmo. Tale ritmo però non è meccanico, essendo mutevole e fluido nella sua infinita variabilità.

Tutta la musica, da sempre, è impregnata di ritmo e anche nelle strutture musicali esiste la ripetizione, che però è concepita come un ritorno al tema originale dopo il lungo viaggio nella variazione e nella fantasia. La forma tema originario-variazione-tema originario (spesso non identico) è una delle norme che regolano le varie forme musicali, perché esse rispettano la legge della Vita, in cui tutto ritorna alla Sorgente dopo il viaggio della manifestazione.

Nella musica parassita non esiste variazione, se non un’elementare ripetizione del tema appena camuffata. Non c’è un vero ritmo, ma una ripetizione ossessiva del battito, della melodia e dell’armonia.

Insomma, tutto ciò è costruito appositamente per dare cibo avariato alla mente meccanica, che immediatamente afferra un inciso ritmico, melodico, armonico e lo ripete ossessivamente, così come ossessivamente ripete concetti, paure, fissazioni. Ad essa non importa cosa mastica, purché mastichi. Così senza accorgercene, subdolamente, ci troviamo la mente piena di cose ripetitive e meccaniche, perché non dobbiamo dimenticare che suono-vibrazione-emozione sono inseparabili.

Evidentemente tali strutture musicali elementari, grossolane e ripetitive non possono che generare stati emotivi elementari, grossolani e ripetitivi. Alcuni stati emotivi in cui sembriamo intrappolati sono alimentati anche da tale ripetizione meccanica di musica parassita che è connessa ad emozioni le quali, di conseguenza, anch’esse si ripetono. A loro volta le emozioni più grossolane, cercando di perpetuarsi, ci spingono a cercare proprio quelle musiche più grossolane che le alimentano. E così il cerchio è completo.

Potremmo chiederci, visto che ogni tradizione antica attribuiva al suono un aspetto creatore, che cosa stiamo creando nell’ambiente interno, personale, intimo e in quello esterno, pubblico, con questa musica parassita.

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Nell’evoluzione individuale e collettiva, la mente meccanica, che ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione animale, deve probabilmente trasformarsi in “mente ritmica”, in grado di cogliere e riproporre il Grande Ritmo universale ed è per questo che i Mantra venivano usati. Oltre agli altri effetti globali, il Mantra agiva anche su tale mente meccanica che, impregnata da tale ripetizione, veniva così impregnata da una vibrazione più alta e tenuta lontana da quelle più basse.

Nel chiudere questo breve articolo, che non esaurisce affatto l’argomento, vorrei ricordare quanto sia importante che impariamo a nutrirci di suoni in maniera intelligente e sensibile, cercando quelle vibrazioni che più possono portarci al Centro del nostro essere e non quelle che “ci piacciono”, perché questo è spesso un tentativo mascherato da parte dei condizionamenti passati di mantenerci sempre allo stesso livello.

Comprendere questa differenza è uno dei passi fondamentali che possiamo fare per la nostra evoluzione e per quella dell’umanità.

Il prossimo appuntamento con il Canto Armonico a Zénon.

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Canto Armonico    highlights

Canto Armonico

Akròasis, il canto armonico

20 Maggio 2015 di Roberto Cerri


Una corda vibra nell’Infinito.

L’Infinito stesso si manifesta come corda vibrante nel Suo desiderio di manifestazione.

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L’atto del pizzicare la corda è l’atto iniziale della Creazione, e subito la corda inizia a muoversi sinuosamente, secondo movimenti, curve e nodi che tessono la trama di una struttura preesistente nell’Idea, ma che si manifesta in una sconfinata varietà di toni, di vibrazioni e di intervalli tra di essi. La loro perenne interazione dilaga creando interminabili combinazioni che si traducono in forme perennemente evolventesi da se stesse.

Ma il tono è anche numero, frequenza, ritmo, e la struttura si manifesta come concatenazione, interazione e rapporto tra numeri viventi che fluiscono in un’ Armonia che svela a poco a poco la sua preesistente perfezione. Tale perfezione non è statica, ma dinamica. Il tono o numero fondamentale 1 dà una stabilità basilare che permette ai toni o numeri che sorgono da esso di manifestarsi nelle più varie combinazioni senza perdere il punto di riferimento, l’Origine su cui poggia la Manifestazione.

Il fenomeno della serie dei suoni armonici che si generano da una corda in vibrazione (ma anche da una colonna d’aria, da una membrana e, sostanzialmente, da ogni mezzo in grado di produrre suono) è la manifestazione materiale di tale struttura preesistente e si esprime attraverso il suono, il numero e la misura nei vari regni della Natura. In modo intuitivo noi parliamo di Armonia quando percepiamo dei rapporti che rientrano tra quelli Armonici, anche se tale affermazione andrebbe ampliata ad altre considerazioni che qui non possono essere sviluppate.

La complessità, la bellezza e la profonda intensità di tale struttura può essere solo sfiorata in uno scritto come questo; basti dire che:

  1. in una nota fondamentale tutte le altre sono racchiuse,
  2. all’interno di tale serie non esistono, tra due armonici vicini, due intervalli simili e
  3. tale serie è potenzialmente infinita.
Ouroboros 2.86 kHz, Gary James Joynes
Ouroboros 2.86 kHz, Gary James Joynes

Il senso dell’Udito è quindi molto di più di un senso materiale utile per difendersi dai pericoli che si possono riconoscere da suoni o rumori: si tratta di un senso che percepisce rapporti tra toni, numeri e che li veicola in sensazioni animiche. Considerare ovvia tale affermazione è il modo migliore per non capire l’eccezionale portata di una funzione che, se osservata con attenzione, appare nella sua sbalorditiva unicità. Frequenza vibratoria, numero, tono musicale e percezione animica coincidono in una facoltà interiore che si chiama Ascolto e che ha in sé una finezza nel riconoscere i rapporti che nessun altro senso possiede.

Nell’ascolto, per esempio, di una 5a DO-SOL, uno degli intervalli fondamentali in tutte le tradizioni musicali, l’orecchio non si accontenta di un’approssimazione, ma pretende il rapporto perfetto tra le due frequenze. Trattandosi del 2° (DO) e del 3° (SOL) armonico della fondamentale 1 (DO) esse hanno una frequenza tripla (SOL) e doppia (DO) della fondamentale, perciò il rapporto di 5a DO-SOL è 3/2.

Se una delle due note è solo di poco calante o crescente, vale a dire se il rapporto 3/2 non è preciso, l’orecchio avverte e comunica all’anima una sensazione di disagio che si traduce come dissonanza. Questa capacità dell’udito è tutt’altro che ovvia ed apre a considerazioni vastissime. Mi limito a far notare che se si entra in una stanza di 3×2 m. e una delle dimensioni è di poco sbagliata, per esempio 2,90×2, l’occhio non può accorgersene se non misurando la stanza con un metro.

Ascolto e Voce sono gli strumenti che l’uomo ha a disposizione, in un corpo vibrante, per manifestare il Suono della Creazione. La complessità e la finezza degli organi di percezione sonora e di fonazione (che non a caso sono strettamente interconnessi anche fisiologicamente) mettono in condizione l’uomo di con-vibrare e di manifestare il Suono creatore.

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Solo un ascolto superficiale e unidimensionale ci può far credere che il suono della nostra voce sia piatto, banale, insignificante. In realtà la nostra voce (non quella di un altro, proprio la nostra) è lo strumento che abbiamo a disposizione per manifestarci come esseri sonori e armonici, anche se si dovrebbe parlare di uno strumento più ampio, che si può indicare come Ascolto-Voce che in effetti risultano essere indivisibili.

I Greci usavano i termini “aesthesis” (visione) e “akròasis” (audizione) come opposti e complementari. Oggi il primo ha preso il sopravvento sul secondo ed è, credo, necessario che il cercatore della Conoscenza sviluppi l’akròasis, intesa come “ascolto del mondo”. Allora l’inscindibilità dei due termini Ascolto-Voce può essere compresa, così come la stretta interdipendenza fisiologica dei loro organi fisici.

Con il termine Canto Armonico si intende generalmente un insieme di pratiche vocali atte a “produrre” i suoni armonici con la voce.

Tale visione è estremamente parziale e superficiale. Anzitutto perché, come abbiamo visto, gli armonici non possono essere “prodotti”, in quanto elementi di una struttura preesistente; a rigore di termini e più corretto dire che noi siamo i prodotti degli armonici! Poi perché la abituale attitudine egoica di porsi al centro dell’universo con tutto il resto come contorno fa sì che si vedano i suoni armonici come opportunità di “esibizione”, di “bravura” e di “vantaggi” che si possono ottenere praticandoli. Un simile approccio non può che appartenere a una spiritualità spuria e superficiale di cui, ahimè, abbiamo abbondanti esempi dovunque.

David Hykes e Roberto Cerri
David Hykes e Roberto Cerri

L’akròasis, o “Presenza Armonica”, ci fa sentire quanto i suoni armonici di quella che chiamiamo “la mia voce”, siano già presenti in essa, così come in tutti gli altri suoni, e quindi la voce si mette al servizio di tale struttura profonda. Allora, nel canto individuale e corale, improvvisando in un ascolto senza barriere, vengono alla luce mandala sonori di insospettata bellezza, intensi e prolungati, di cui i partecipanti non sospettavano la presenza prima di lasciarli emergere.

L’ascolto si apre, la voce si arricchisce di vibrazioni, la coscienza canta ciò che la costituisce: vibrazione pura, suono, numero. E l’anima sente l’intensità di tali forze in azione vivendo un senso di spaziosità, di armonia non cercata, ma trovata dove meno se l’aspettava: in se stessa. Si scopre poi che le dissonanze, lungi dall’essere il contrario dell’Armonia, ne fanno parte, come intervalli disagevoli e faticosi, ma che, ascoltati con fiducia e attenzione, si rivelano come passaggi verso altre armonie non ancora percepite.

Tale scritto non può che essere un primissimo scorcio su qualcosa di estremamente vasto e profondo, qualcosa che però, nel nostro essere, tutti noi siamo. Lasciamo che tutto ciò risuoni della nostra anima.

Un’esecuzione di Canto Armonico di Roberto Cerri

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Canto Armonico

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