Abbiamo pensato a lungo prima di dire la nostra sulle dichiarazioni rilasciate alla trasmissione Le Iene dal Professor Franco Berrino, ex Direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Ci abbiamo pensato a lungo proprio perché la trasmissione ha purtroppo dimostrato nel passato recentissimo di voler cavalcare il sensazionalismo a discapito di un’informazione corretta. Tuttavia, abbiamo deciso che queste dichiarazioni valevano la pena di spendere alcune considerazioni.
Prima di tutto, l’antefatto: alcune settimane fa, un paziente malato di tumore aveva raccontato alla trasmissione di esserne guarito grazie ad una dieta vegana crudista che gli era stata prescritta dall’oncologa nutrizionista del S. Raffaele di Milano, la Dr.ssa Michela De Petris.
In questo contesto – e dalla constatazione di ciò che normalmente si somministra ai malati negli ospedali – si inserisce l’intervista al Prof. Franco Berrino, da cui si possono trarre delle considerazioni interessanti sulla nostra Medicina, sul nostro sistema sanitario e sul concetto generale di salute e prevenzione.
Innanzitutto il prof. Berrino – come del resto la dott.ssa De Petris – conviene sul fatto che via sia una grande ignoranza da parte della classe medica riguardo all’alimentazione e al suo potenziale curativo. Tale lacuna origina da una “dimenticanza” nell’iter formativo di studi che quindi porta il medico a “sottovalutare” l’alimentazione e le sue proprietà in termini di prevenzione e anche di cura.
Non è nostro interesse discutere qui di quale alimentazione sia migliore per prevenire o curare alcune malattie (lo faremo presto, con maggiore approfondimento, perché l’argomento è complesso). Tuttavia ci limiteremo a notare, assieme al prof. Berrino, che l’alimentazione – a differenza ad esempio del fumo – non viene per nulla considerata e/o consigliata dai medici ai propri pazienti tra le misure per prevenire l’insorgenza di malattie come i tumori.
Mediamente quello che diamo da mangiare ai malati nei nostri ospedali è il peggio del peggio. Ma, sa, io dico sempre: noi vogliamo bene ai nostri malati, vogliamo che tornino.
Tuttavia il discorso diventa ancora più ampio: in cosa consiste veramente la prevenzione? Anche qui il Prof. Berrino lancia una “bomba” non da poco, sostenendo che: “Ad oggi non c’è un interesse economico nei confronti della prevenzione… che parola si potrebbe usare per definirla? Una gran commissione di ignoranza, di stupidità e di interessi”.
E infatti immaginiamo che chiunque legga può riconoscere la vaghezza e l’inconsistenza di molte risposte che in genere i medici forniscono riguardo alla prevenzione di determinate malattie.
Quindi cosa fare? Un famoso spot pubblicitario di un dentifricio parecchi anni fa diceva “Prevenire è meglio che curare” e nella sua semplicità questo slogan forse non aveva tutti i torti. Ma se, come sottolinea il Prof. Berrino, in realtàla prevenzione nel nostro modello sanitario non esiste, cosa dobbiamo fare?
Uno spunto interessante potrebbero darcelo altre Tradizioni che da millenni sostengono l’importanza della prevenzione al pari della cura, come ad esempio la Medicina Tradizionale Cinese, e le cosiddette “pratiche di lunga vita”, che ne costituiscono uno dei capitoli più interessanti, ma allo stesso tempo più complessi da imparare.
Osservando il Prof. Berrino durante l’intervista, si nota una certa rassegnazione ad accettare un determinato status quo che tuttavia poi si tramuta in rabbia crescente, fino ad arrivare a rinnegare completamente tale sistema, demolendolo dalle fondamenta. Colpisce molto vedere una reazione simile in una persona che ha ricoperto per così tanti anni una carica così “centrale” e “delicata” nel sistema stesso che va invece adesso a demolire.
Pensiamo che per una persona la cui vocazione è dedicarsi a lenire la sofferenza altrui, essere costretti ad accettare e quindi a sostenere ed alimentare un sistema che tradisce questi ideali vada a ledere in profondità le motivazioni più intime e profonde che hanno portato una persona a scegliere un percorso così difficile e impegnativo come quello di medico.
Una “ferita”, profonda e aperta, che genera frustrazione e insoddisfazione, che viene spesso percepita anche dai pazienti stessi e che inevitabilmente col passare degli anni inquina e insterilisce la vocazione originaria del medico, cioè il cuore, in cui risiede la parte più nobile e sacra dell’atto di guarigione.
Massimiliano Sassoli de Bianchi dice
In alcuni editti dell’antica Cina si dichiarava che i medici dovevano essere pagati dai loro pazienti solo fino a quando rimanevano in buona salute, mentre il pagamento doveva cessare non appena si ammalavano. Si dovrebbe riflettere su come applicare idee semplici come questa all’attuale sistema medico-sanitario…