Il 18 e il 22 maggio abbiamo partecipato (con Marco Invernizzi ed Erika Pizzo, ospiti del prof. Claudio Molinari), al seminario “Lo Yoga in Gravidanza: tra corpo e respiro, un percorso per aiutare la donna a scoprire la sua innata capacità di partorire” presso il Corso di Studio in Ostetricia dell’Università del Piemonte Orientale.
È stata un’occasione per introdurre ai benefici dello yoga durante la gravidanza, con diversi momenti di pratica dedicati alla respirazione e al lavoro posturale. Ma, soprattutto, abbiamo colto l’occasione per definire una prospettiva chiara con cui accostarsi a questa disciplina.
Lo yoga in gravidanza rischia spesso di finire nel calderone delle tante attività ludico motorie, con un tocco di spiritualità e chakra attivati, con cui si intrattiene la donna durante la gestazione. Per comprenderne il significato più profondo, dobbiamo tuttavia risalire all’essenza dello yoga, nata in ambienti molto differenti da quelli odierni e occidentali.
Nelle società tradizionali, la nascita è da sempre vissuta come un momento sacro: qualcosa che in precedenza non c’era ora viene alla luce. È il momento di passaggio tra il non manifesto e il manifesto, tra il mare indifferenziato delle possibilità e ciò che si caratterizzerà in una forma specifica.
Secondo questa prospettiva, non è possibile affrontare il tema della gravidanza considerando solo il lato manifesto ed evidente, perché in questo periodo la donna partecipa di entrambe le dimensioni: fisicamente, energeticamente, emotivamente. Per questo, durante la gestazione vive sensazioni, acquisisce gusti e repulsioni e spesso anche abilità molto diverse da quelle che aveva in precedenza e che tornerà ad avere dopo la nascita.
Un’esperienza che può essere bellissima ma anche sconvolgente, e non di rado il momento più difficile sarà il ritorno alla ‘normalità’ (se così si può definire, visto l’arrivo di un nuovo nato) dopo il parto.
Pertanto, oltre a offrire benefici psicofisici alle gestanti, lo yoga è soprattutto uno strumento che può aiutare la donna a sintonizzarsi su questa nuova frequenza senza disconnettersi dagli aspetti concreti, guidandola in un ascolto profondo dei punti di contatto delle due dimensioni. Un ascolto che – per evitare di perdersi – parte dal corpo e dal respiro, e che per naturale decorso risale a strati sempre più rarefatti e silenziosi.
Questo ascoltare – libero il più possibile dalle aspettative, e anche da protocolli rigidamente predefiniti – è l’unico vero principio attivo dello yoga, senza il quale ci sono solo una serie di esercizi ginnici e aerobici che, applicati con scarsa consapevolezza e senza prospettiva, potranno anzi produrre disorientamento.
E forse in nessun caso come nella gravidanza, lo yoga ci insegna come occorra accostarsi con il massimo rispetto e delicatezza a quel ‘non sapere’ che riguarda ciò che ancora non è.
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